Napoletano di nascita, classe 1988, Federico Esposito cresce in periferia di Napoli e si diploma presso l'Istituto superiore De Cillis per poi frequentare il corso in giurisprudenza alla Federico secondo, ma sente forte sin da fanciullo la spinta alle arti in tutte le sue forme creative. Curioso, ribelle, sperimenta varie forme di comunicazione, dalla poesia alla danza, dal teatro alla musica, dallo spettacolo alle arti visive, scoprendo via via diversi modi di esprimersi.
Nel 2009 perde il padre, questo avvenimento segnerà profondamente l'artista il quale avrà modo di volgere lo sguardo verso il proprio mondo interiore inquieto e complesso, è in questo periodo che verranno realizzate, da autodidatta, opere via via sempre più sofisticate e articolate, camaleontiche per stile e contenuto ma legate intrinsecamente da una matrice comune " il colore e la necessità di esprimere concetti strutturati ".
Poco è lasciato al caso nella fase di costruzione, il contenuto è sempre ben presente nell'opera dell'artista che si permea volutamente in forme spesso giocose e dal tono ironico e talvolta provocatorio.
Interrompe il suo percorso artistico viaggiando per l'Europa e stabilendosi, per un periodo nella capitale portoghese per dedicarsi ad un lavoro d'ufficio ma dentro, silenziosamente si alimenta lo spirito visionario, creativo e inquieto dell'artista.
Ritornerà nella sua città natale un anno dopo per far fronte alla malattia e, successivamente alla dipartita della madre, è in questa seconda fase di vita che l'artista comprende che la sua arte trasmuta da un piano all'altro di coscienza, divenendo via via sempre più matura, complessa e articolata, sebbene lo stile, voglia talvolta, rimanere volutamente ancorato ad una giocosità mantenuta nei colori e nelle forme come in "the mouth" creando un dialogo che ricorda un ponte concettuale, tra leggerezza e pathos emotivo.
Accostare concetti profondi e temi atavici a colori brillanti e forme cartoon, diventa lo strumento per esprimere la complessità dell'esperienza umana che si serve di contrasti per raccontarsi in maniera talvolta provocatoria.
Il movimento creativo è sempre dall'interno all'esterno, un moto di costruzione concettuale che prende vita osservando le dinamiche della società moderna la quale rimbalza con i suoi effetti nella sfera psichica, spirituale ed esperienziale del singolo, trasbordando i confini del "dentro" per affiorare nel "fuori" in forme e colori codificate sapientemente.
Arte come strumento di ricerca ma anche come manifesto politico, da quì prenderanno vita opere sempre più materiche, sculture grottesche e sognanti, unendo concetti contrastanti, bello, brutto, redento e peccatore, grottesco e armonioso proprio a sottolineare la tendenza della natura complessa e migratoria dell'esperienza umana che da quì diventa società, uno o più punti di vista che si affacciano su tematiche complesse ma sempre intimamente umane e per questo ataviche, mantenendo però sempre presente una personale suggestione che funge da concettuale cavo trainante in un racconto che non vuole essere insegnamento ma spunto, riflessione e ricerca.
tecnica mista (creta sintetica, acrilici)
cm 110x110
La bocca poggia su 2.800 rose dipinte
una ad una e vuole rappresentare un concetto ideale di
amore.
L'opera vuole porre all'osservatore una domanda su un sentimento atavico e primordiale, l'amore.
Fino a che punto siamo in grado di metterci "a nudo" dinanzi ad esso?
Il mondo non smette mai di cambiare ma questo sentimento antico e atavico continua ad esistere.
La bocca vuole giocare con il dualismo dell'amore in chiave ironica e sensuale, l'amore come qualcosa di divino e salvifico, o qualcosa che divora?, la bocca come portale dal quale possono uscire parole d'amore ma anche parole che feriscono, la rappresentazione dell'amore in tutte le sue complessità e contraddittorietà.
L'opera vuole porre l'osservatore dinanzi una riflessione "cos'è realmente l'amore? ".
Materiali: argilla sintetica senza cottura e miscela di carta e argilla.
L'opera si pone
come obiettivo di ricerca il cambiamento, il riferimento al mito di
Daphne rappresenta solo un vago spunto con il quale condivide il
concetto della trasformazione.
Methamorphosis è una creatura che reca con sè elementi di contrasto, in cui la bellezza è nella mostruosa grazia di una grottesca creatura.
Lo slancio verso l'alto viene contenuto da un ramo che nella sua fioritura ricorda un filo spinato.
Restare giù o elevarsi diventa lotta tra forze confliggenti.
Riflesso surreale della più genuina natura umana.
Creta sintetica dipinta con acrilico rosso
L'opera
vuole raccontare il moto rivoluzionario che necessariamente ruota
intorno e dentro di noi, una danza cieca posta a sostegno
dell'evoluzione che ogni essere umano è tenuto a
compiere.
Un fruire inesorabile di percezioni che ci rinnova come nella catarsi di una nuova nascita.
Olio su cartone e inserti di creta sintetica dipinta ad acrilico.
"Donna piena di
grazia e dotata di tutte le virtù", così veniva spesso descritta la
più grande regina che l'antico Egitto abbia mai conosciuto
"Nefertiti", la sola regina ad essere raffigurata con la doppia
corona, l'emblema dell'autorità che spettava solo al
faraone.
Moglie di Akhenaton e donna di invidiabile grazie, intelligenza e bellezza.
L'opera vuole essere un omaggio alla bellezza e potenza femminile.
Con lei nasce il primo "canone" di bellezza.
Contornata dal più tipico dei fiori egiziani, il tulipano.
Olio su cartoncino e acrilico gessato su tela, inserti in creta sintetica e foglia oro.